I riti della testa umana

Che il taglio della testa umana facesse parte dei culti di certi Celti è dimostrato dall’archeologia, dalle fonti classiche e dalla letteratura vernacolare.

Livio, Strabone e Diodoro descrivono la decapitazione dei prigionieri di guerra, le cui teste venivano conservate come trofei o offerte nei santuari.

Nell’area celtica ligure della Gallia meridionale attorno a Marsiglia, un gruppo particolare di santuari pre-romani e di oppida attesta la pratica della decapitazione rituale. Il più importante è quello montano di Roquepertuse (VI-II sec. a.C.), il cui portico era adornato da nicchie contenenti crani inchiodati di giovani che erano morti in battaglia.

In Britannia, nel forte di Bredon Hill, Worcestershire, teste montate su pali guardavano le entrate a protezione simbolica della piazzaforte. Nella Britannia tardo celtico-romana, specialmente durante il III e IV secolo d.C., certi individui erano decapitati dopo la morte prima di essere interrati nelle loro tombe. Riti particolarmente curiosi avevano luogo intorno a Kimmeridge, nel Dorset, dove i corpi di vecchie donne venivano decapitati, e la mascella inferiore venisse rimossa: forte è la tentazione di vedere in queste vecchie delle streghe, cui si impediva di parlare e di lanciare maledizioni dalla tomba. Che la testa umana fosse importante nel rituale celtico è dimostrato dall’enfasi che le viene data nell’iconografia celtico-romana.

Le teste svolgono un ruolo rilevante nella mitologia gallese e in quella irlandese. L’eroe dell’Ulster Cứ Chulain raccoglieva le teste dei suoi nemici e le poneva su pietre. Due racconti dimostrano le magiche proprietà delle teste mozzate secondo la concezione dei Celti occidentali, particolarmente di quelle degli eroi super-umani.

Era stato profetizzato che gli uomini dell’Ulster, colpiti dalla maledizione della debolezza lanciata da Macha, avrebbero riacquistato la forza se avessero bevuto latte dalla grande testa mozzata di Conall Cernach. In questo racconto, la testa possedeva le proprietà di un paiolo rigenerante.

Una storia simile è quella di Bendigeidfran nel Mabinogi, la cui testa mozza poteva parlare ed incoraggiare i suoi compagni, proteggendoli nel loro lungo viaggio da Harlech a Londra.

Inoltre Strabone (IV 4.5 [C 197-98]) ci ricorda che era usanza celtica tagliare le teste dei nemici vinti in battaglia, di affiggerle all’architrave delle loro case, di ungerle con olio e di mostrale con orgoglio ai loro ospiti.

Probabilmente questa consuetudine si coniugava con la dottrina della trasmigrazione delle anime, perché se l’anima risiedeva nel cervello, sottrarre la testa al nemico equivaleva a impedirne la metensomatosi.

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