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 Il simbolismo degli animali

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g0rka
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MessaggioTitolo: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyDom Giu 01, 2008 3:39 pm

N.B. In questa discussione andranno inserite SOLO informazioni riguardanti il simbolismo celtico degli animali.
Le informazioni sono, in parte, tratte da "I simboli dei Celti" di Sabine Heinz


Ultima modifica di g0rka il Mer Gen 21, 2009 2:36 pm - modificato 4 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyDom Giu 01, 2008 4:42 pm

Gli animali




Il simbolismo degli animali Snake-celtic

Il serpente:

Le prime rappresentazioni di serpenti si riscontrano sotto forma di linee a zigzag, che si possono notare già nelle testimonianze più remote, come, per esempio, su vasi del periodo di Hallstatt. Più tardi queste si manifestano sotto forma di riccioli di capelli, oppure palesemente come linee serpentine. I serpenti rivestono un ruolo importante, sotto i più diversi punti di vista, nelle visioni del mondo di popoli presenti su tutta la terra e, di conseguenza, anche nella simbologia celtica. Qui il serpente non viene reputato come un tipo di animale, ma come immagine simbolica polistratificata, la quale rappresenta tra l'altro l'idea del processo della creazione. Ciò lo rende interscambiabile con altre parti di animali, come le corna, le teste di cavalli o degli arieti, e altri. La sua capacità di ricostruzione lo eleva a simbolo di rinascita, la sua stessa forma ricorda inoltre il pene o il cordone ombelicale. Entrambi rappresentano la fecondità, come anche una molteplicità della discendenza da essi generata. Il suo veleno ha un effetto intimidatorio e distruttivo , ma, come la saliva di altri tipi di animali (come ad esempio nel caso del cane) e alla guisa del respiro, può anche essere simbolo di guarigione. La forma e il movimento del serpente rappresentano un legame tra la fonte e il mare, il cielo e la Terra e infine anche con il culto dell'acqua, soprattutto in quanto questo porla alla gravidanza, quando le donne lo ingeriscono (ad esempio, sotto forma di esigua di un verme) insieme all'acqua. Il fatto che rappresenti la protezione, si può dedurre dalla storia in cui la madre del Conchobar muore al momento della sua nascita, ma i vermi che hanno portato alla sua gravidanza si trovano invece nelle sue mani. Strettamente connessa a ciò è la sua funzione di guardiano, tramite la quale esso sorveglia spesso l'entrata dell'Oltretomba.
Anche Conall Cernach deve la sua vita al serpente, che anch'egli tiene in mano al momento della sua nascita. In una parte della storia concernente la scacciata dei buoi di Fraech, Conall Cernach viene messo in rapporto con il dio del cervo Cernunnos, visto che il serpente, anche se viene raffigurato nel suo ruolo di guardiano, non agisce in alcun modo:
Fraech venne a sapere da sua madre che le sue bestie, sua moglie e i suoi figli erano stati cacciati dalle Alpi. Allora decise, contro la volontà della madre, di andare a prendere il bestiame. Partì con ventisette uomini, un cane e un falco. Sulla via incontrò Conall Cernach, il quale si unì a lui. Nei monti vennero poi a sapere da una vecchia di origine irlandese, che i buoi irlandesi erano stati portati nell'Irlanda occidentale. Ella li mandò da una donna dell'Ulster, la quale appunto faceva da guardiana a questi ed era anche colei che chiudeva il castello, nel quale essi avrebbero passato la nottata. La donna dell'Ulster lasciò il castello senza chiuderlo, mise però in guardia gli eroi dal serpente che faceva da guardiano al castello. Non appena Conall e Freach si avvicinarono alla porta del castello, il serpente saltò nel cinturone di Conall e vi rimase fino alla mattina. Così essi ebbero la possibilità di saccheggiare il castello e di distruggerlo per liberare in questo modo la donna, i bambini e il bestiame.
Facendo riferimento alla molteplicità di funzioni che riveste, il serpente è spesso l'animale che accompagna tutte quelle divinità che sono fortemente legate ai culti della terra, della fecondità e della guarigion. Raffigurato sulle armi, esso ha un effetto intimidatorio e viene rivestito di un accento di tipo bellico.
Il serpente non possiede gambe e, di conseguenza, è visto come pre-antropico. Il suo uovo è la prima espressione divina del passato pre-antropico. In contrapposizione alla concezione biblica nella mitologia celtica, l'elemento maschile (serpente) proviene dall'elemento femminile (uovo).
Il serpente, con la sua capacità di rinnovamento, riveste il ruolo del creatore e di conseguenza simboleggia il rinnovamento. L'ambivalenza del suo veleno, che può portare alla guarigione quanto alla morte, corrisponde al modo di pensare celtico. Alla sua base c'è l'idea che la natura comunque intramontabile e delle divinità, le quali creano e distruggono in egual misura. Il rettile vive rigidamente in corrispondenza alle stagioni dell'anno: se in autunno fa fresco, esso si ritira nelle viscere della terra. All'arrivo della primavera, quando le giornate diventano più calde, fuoriesce nuovamente dalla terra, la materia inorganica dalla quale è stato creato l'uomo e lo mantiene in questo modo legato al mondo dell'oltretomba. Esso conosce lo svolgimento della vita in quel luogo e per questo motivo viene spesso definito Dio tellurico, il quale, assumento l'aspetto esteriore di un cavallo, feconda la divinità madre.
Il serpente unisce contrarietà e ritmi che si ritrovano nella vita umana: è velenoso o innocuo, vive sulla terra o in mare, si irrigidisce durante l'inverno e si riproduce solamente in presenza di luce e sole ( in India e in Egitto è infatti simbolo del sole); striscia per terra o si alza come un albero, genera vita o fa uova. I vermi sono dei serpenti in formato ridotto. In epoca più tarda riscontriamo vermi volanti, che assomigliano ai draghi, oppure serpenti cornuti (serpente con corna d'ariete) con o senza ali. Il rapporto tra il serpente e il drago viene rappresentato da Geoffrey di Monmouth nelle profezie di Merlino. I piedi sono invenzioni di un periodo più tardo, che segna il passaggio verso la raffigurazione del drago, che in seguito si presenta in molte forme e spesso anche con tante teste.
Nella Bibbia, il serpente diviene simbolo del messaggero del male, induce Adamo ed Eva alla caduta verso il peccato originale. Secondo quanto ci narra la leggenda, San Patrizio scaccia il serpente - questo valga come simbolo per la riuscita della cristianizzazione ( del V secolo). Lo ritroviamo anche all'inferno.
Alquanto più positivo, lo ritroviamo ai giorni nostri nell'arte araldica come simbolo di saggezza, dove si può però anche rappresentare l'elemento satanico. Si è conservato fino ai giorni nostri il dualismo morte/vita, visto che il suo veleno mortale porta invece alla guarigione, se impiegato nella produzione di farmaci. Avvolto intorno al bastone di Esculapio, esso è fino a oggi considerato simbolo dell'operato dei medici, ma comunque, nei casi più frequenti, il serpente è carico di aspetti intimidatori e viene usato piuttosto come insulto nella frase "falso come un serpente".
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyGio Giu 05, 2008 9:01 pm

Qualcuno ha informazioni sul lupo in chiave celtica??? bounce
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyGio Giu 05, 2008 9:25 pm

+Silah+ ha scritto:
Qualcuno ha informazioni sul lupo in chiave celtica??? bounce

Nella cultura celtica è un simbolo di benessere, cura, lealtà, capacità di amare e proteggere i propri cari. E' una guida per coloro che si avventurano nei mondi spirituali, un animale di potere che viene in aiuto di chi ne ha bisogno. Il lupo è il messaggero della Dea della Morte-nella-Vita e fungeva da accompagnatore verso la Terra dei Morti, guidando le anime attraverso le foreste dell'Altromondo.


Appena avrò un pò più di tempo scriverò di più (adesso sono un pò di corsa)
Bb :tripl:
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyVen Giu 06, 2008 11:01 pm

Grazie per aver risposto!!! Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyLun Giu 16, 2008 4:36 pm

:scratch: stavo pensando di fare un piccolo discorsetto sui tripli segni: Triade,Triskele,Triskelion e Triquetra(o Triskell)...soprattutto quest'ultimo e dato che :tripl: si parla di animali perchè non metterci anche il cingliale e il cavallo lol...bacini
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MessaggioTitolo: il cinghiale   Il simbolismo degli animali EmptyLun Giu 16, 2008 5:31 pm

Il simbolismo degli animali Antefix

Il cinghiale era un animale a cui i Celti dedicarono molti onori: evocava la forza e il vigore e soprattutto il rapporto con la foresta, ambito del sacro per eccellenza.
Ci sono stati diversi ritrovamenti di scheletri o denti di questo animale in tombe dell'età del Ferro,
su alcune monete si trova la sua immagine,e l'arte celtica gli ha riservato molta attenzione.
Questi ritrovamenti hanno confermato la presenza di questo animale e l'importanza che aveva nella cultura celtica,spesso posto accanto alle divinità.
Infatti il simbolo del cinghiale era di fianco al dio Lug e nella festa di Shamain poteva anche essere sacrificato alla divinità,ma tenendo in grande considerazione il suo valore.
Il padre del dio Lug,Cian,aveva il potere di trasformarsi in cinghiale per meglio riuscire a sottrarsi ai pericoli.
Forse anche in relazione all'importanza che questo animale rivestiva nella religione celtica,
il Cristianesimo lo indicò come una rappresentazione del maligno: creatura del mondo selvaggio, impetuoso, assimilabile alla foga delle passioni,devastatore delle colture.

preso dal libro:" Simboli Celti"
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyMar Giu 17, 2008 10:24 pm

ancientrose)o( ha scritto:
:scratch: stavo pensando di fare un piccolo discorsetto sui tripli segni: Triade,Triskele,Triskelion e Triquetra(o Triskell)...soprattutto quest'ultimo e dato che :tripl: si parla di animali perchè non metterci anche il cingliale e il cavallo lol...bacini

Fondamentalmente perchè per scrivere queste cose impiego molto tempo che attualmente non ho. Adesso sto trattando ciò che riguarda gli animali e Triskel e compagnia bella non ne fanno parte Razz
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyMar Giu 17, 2008 11:45 pm

g0rka ha scritto:


Fondamentalmente perchè per scrivere queste cose impiego molto tempo che attualmente non ho. Adesso sto trattando ciò che riguarda gli animali e Triskel e compagnia bella non ne fanno parte Razz

capito...beh siccome avevo letto all'inizio che in questo topic si discuteva di tutto ciò che riguardava il simbolismo celtico pensavo che si potesse parlare anche dei simboli...
comunque non c'è bisogno che te lo ripeto...come avrai notato anche tu ho postato quello che sapevo e che avevo a disposizione(non tutto acnora, proprio per la questione tempo)e il discorso su triskele e compagni bella era un pensiero che stavo facendo(ma non intendevo dirti di parlare di essi)e di cui forse ne avrei detto o accennato io qualcosa...sai che sono ben felice di esserti d'aiuto in qualche modo Surprised anche se so che non ho la conoscenza che hai tu(ogni cosa a suo tempo^^)...però dato che si tratta di un forum e che ci possono essere utenti meno esperti di me o quanto me non vedo perchè non condividere quello che so(mantenendomi al regolamento ovviamente U.U)...
baci :heart: :tripl:
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MessaggioTitolo: Re: Il simbolismo degli animali   Il simbolismo degli animali EmptyMer Giu 18, 2008 3:13 pm

OT
Si, verranno postati anche quelli, solo che prima devo finire il discorso sugli animali che è lunghetto Razz
Il fatto che tu posti ciò che sai non è un problema, purchè sia inerente. Comunque non ti preoccupare, tratterò di molte cose oltre agli animali Wink
/OT
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MessaggioTitolo: Il Lupo e il Cane:   Il simbolismo degli animali EmptyMer Gen 21, 2009 2:34 pm

LUPO:


Un canto funebre rumeno, recitato ancora nei primi del ‘900, dice: "Il lupo apparirà davanti a te. Prendilo come tuo fratello, perché il lupo conosce l’ordine delle foreste. Egli ti condurrà per via piana verso il paradiso…".

La visione del lupo come psicopompo, cioè guida verso l’aldilà, è antica quanto le origini dell’uomo; lo testimoniano anche i ritrovamenti di urne cinerarie a foggia cinocefala, attribuite alla culture indo-europee. Una visione molto diversa da come oggi la nostra cultura considera il lupo: come siamo giunti ad un tale cambiamento e cosa ha indotto l’uomo a considerare l’animale da compagno a minaccia da sterminare? I più recenti studi etologici ci consegnano l’immagine di una animale mite, monogamo, sollecito con la prole, dotato di comportamenti sociali e non aggressivo nei confronti dell’uomo. Una creatura, tutto sommato, piuttosto diversa dall’immagine leggendaria di malvagio e sanguinario predatore che l’uomo gli ha cucito addosso nei secoli; Piuttosto è facile distinguere delle assonanze tra lupi ed umani tanto che si perde nella notte dei tempi l’usanza di tenere come compagno, sorvegliante di greggi o compagno di caccia il lupo nella sua più diffusa “trasformazione” in cane.

L’uomo primitivo migrò col lupo durante le glaciazioni, dall’America del Nord, all’Eurasia, accompagnando le stirpi indo-arie nella loro diffusione nell’Europa e nel sub-continente indiano. Nell’allora sistema sociale di tipo nomade (cacciatori – raccoglitori) il lupo era un competitore che, nella medesima nicchia ecologica, perseguiva le stesse prede; ma era più abile, perché più veloce, dotato di sensi più acuti, con un’invidiabile visione notturna e “armato” dalla natura con zanne ed artigli. L’uomo, pur rivaleggiando con lui, lo venerava quale mirabile esempio di predatore, dal quale carpire tattiche ed astuzie. Il cacciatore, per eccellere nel suo intento, doveva perciò ingraziarsene lo spirito che, nelle culture sciamaniche, avveniva per via emulativa; vale a dire facendosi “colmare” dall’essenza della bestia sino ad assumerne il comportamento, l’aspetto e persino i poteri. Questo fu, con ogni probabilità, il primo esempio di “licantropia”: ovvero la capacità umana di trasformarsi (col sussistere di certe condizioni) nel proprio animale totemico, nel nostro caso il lupo. Questa trasformazione avveniva (e continuerà ad avvenire, come vedremo, almeno sino al X secolo) tramite rituali estatici che prevedevano l’emulazione delle movenze ferine e l’assunzione di specifiche sostanze (funghi sacri, piuttosto che alcol o bevande a base di erbe); indossando la pelle dell’animale se ne assumeva l’aspetto e le movenze, grazie all’ingestione della “sostanza sacra” se ne acquisiva la spiritualità, la forza ed il coraggio. Ora lo sciamano era la divinità-lupo che guidava danze propiziatorie piuttosto che la caccia stessa, come sembrano dimostrare alcune pitture rupestri.
Agli albori dell’Età del Bronzo la maggioranza delle stirpi adottava ormai uno schema sociale di tipo stanziale, basato su: agricoltura, caccia ed artigianato, con culti femminili e “lunari”, incentrati sui riti di fertilità e scanditi dalle lunazioni che scandivano una vita sociale basata su ritmi stagionali tipici della forma societaria stanziale. L’incontro tra queste numerose realtà con le popolazioni nomadi, il cui culto virile si basava su immagini solari e sciamaniche, diede luogo ad un’affascinante fusione di culture alla cui base stanno i numerosi “miti degli inizi” che vedono il lupo quale protagonista. Febo e Artemide (rispettivamente legati a Sole e Luna) che vennero partoriti da Latona, trasformata in lupa. I Sabini stessi si proclamavano “figli del lupo” ed è per questo, forse, che ad una lupa venne affidata la protezione ed il sostentamento dei divini gemelli Romolo e Remo, fondatori di Roma. Ancora più a Sud lo stesso Osiride, dopo lo smembramento del suo corpo ad opera del malvagio fratello, rinasce sotto forma di canide. Infine anche nella cultura mongola il Lupo Celeste è progenitore di eroi, l’ultimo dei quali fu il noto Gengis Khan.

Notiamo che l’antica sovrapposizione tra i culti della caccia e quelli della fertilità investono, un po’ in tutte le culture, il lupo come animale propiziatore delle fecondazioni. Cito, a tal proposito, i lupercali dell’antica Roma dove i seguaci del Dio Luperco (attorno a metà febbraio) percorrevano seminudi le vie dell’urbe percuotendo le donne in età fertile con corregge di pelle, rievocando così gli albori della fondazione della Città trasfigurati nell’evidente rituale di fecondità e rinascita praticato.

Il lupo tuttavia non si limitò ad incarnare i miti di nascita e fecondità, già ai primordi dell’età del ferro le culture guerriere norrene e mitteleuropee consideravano il lupo (e suoi totemici parenti, quali l’orso ed il cane) come modelli di coraggio e possanza: simboli di una casta guerriera d’elité. Riassumendo le varie fonti giunte sino a noi (la maggior parte tardive e contaminate dalla fede cattolica dei redattori) siamo in grado di tracciare un profilo plausibile di quello che poteva essere un ulfhednar (guerriero-lupo) o un Berserkr (guerriero-orso) e la loro evoluzione nell’ambito dell’europa.

Già Tacito (nella sua opera “Germania” ) ci riferisce di feroci guerrieri (gli Arii) con scudi neri, dal corpo nudo e tinto che prediligono gli scontri notturni, facendo così eco ad una tradizione guerresca che affonda profonde radici nella mitologia nordica. Lo stesso Odino è forte del suo manipolo di sacri guerrieri che lo affiancano nella Valhalla e che spesso vengono associati agli ulfhednar e Berserkr. Nella società guerriera germano-scandinava questa elite militare combatteva in reparti di altissimo prestigio, organizzati in caste militari fortemente gerarchizzate e legate alla divinità cui erano consacrate, godendo così di un’aura di potente sacralità, rispetto e terrore. Ispirati dalle remote, e già citate, pratiche sciamaniche dei loro antenati essi incarnavano l’essenza dell’animale lupo (o orso), la ferocia, l’astuzia ed il temibile aspetto. Questi uomini erano soggetti ad iniziazioni sacerdotali condotte con l’assunzione di sostanze alcoliche e psicotrope (funghi, erbe, idromele o birra) e rituali di tipo estatico, durante i quali il guerriero cadeva in uno stato di trance di tipo sciamanico. Non possiamo escludere che una delle prove da sostenere fosse la caccia e l’uccisione dell’animale che, con l’assunzione delle carni e del sangue, entrava letteralmente nel corpo del guerriero elargendogli le tanto ambite qualità. Questa gente vestiva pelli di lupo, portava lacci di cuoio alle gambe e rumorosi anelli metallici, mordeva gli scudi e “ululava” durante le battaglie per atterrire oltremodo il nemico.

Impossibile a questo punto trascurare la progressiva trasformazione della figura del lupo in un elemento temibile, a tratti inquietanti e comunque legato ad un’azione violenta (quella guerriera, appunto).

Del resto simile metamorfosi avviene anche presso il Monte Liceo, in Arcadia, presso il quale si compivano riti di antropofagia in onore dell’animale. Qui è lo stesso Giove ad “intervenire” e condannare lo stesso Licaone (capo spirituale di tale culto) alla dannazione, folgorandone la reggia e tramutando lo stesso re in lupo. Già dall’evo antico quindi la figura lupesca assume connotazioni chiaramente minacciose ed esecrabili dove il regno dei morti è sorvegliato da Cerbero (lupo a tre teste) e Ade, sovrano degli inferi, indossa una pelle di lupo che gli dona l’invisibilità. Anche presso gli Etruschi il Re dell’oltretomba (Ajita) indossa il medesimo pellame e, presso i Celti, il lupo è carnivoro funebre e lo si rappresenta seduto sui posteriori nell’atto di divorare un uomo.

L’evoluzione culturale rende scomoda e pericolosa la vecchia immagine lupesca alla quale si compivano sacrifici propiziatori, trasformandoli, a poco a poco, in gesti di scongiuro: non si prega più perché il Grande Predatore interceda ma perché sia lontano. Ed anche lo Sciamano, che assumeva in se lo spirito della tribù, si trasforma in creatura esecrabile, gettando le fondamenta per il futuro stregone dedito a culti infernali.

Certamente le invasioni delle genti nordiche con i loro guerrieri-lupo contribuì a rafforzare e consolidare il rapporto tra le tradizioni scaimaniche-pagane ed il demonio del nuovo culto cristiano; demonio che la chiesa cattolica combatté con campagne di evangelizzazione cruenta proprio nel seno di quelle popolazioni norrene che ben lo rappresentavano. Così la figura dell’ulfhednar perde l’aura di orrore sacrale per assumere il nuovo carattere di maledizione diabolica, entrando così in pieno nella casistica della stregoneria.

Nell’Europa cinquecentesca la figura dell’Uomo-Lupo era ormai inesorabilmente legata con quella dello stregone schiavo del demonio; giunge così alla parabola più bassa il mito del lupo: trasformato da Spirito tutelare e guida delle Anime a demone da evocare quale trastullo di Satana o per soddisfare la sete di sangue grazie al camuffamento animalesco.

E sarà in questo status, in cui il sacro ha dato luogo al bestiale, che prenderanno vita le innumerevoli leggende, racconti e fiabe legate al Lupo Mannaro ed alle sue trasmutazioni nelle notti di plenilunio.

Con buona pace dell’Inquisizione la figura del Lupo Mannaro ha la sua massima diffusione in Europa tra il quattrocento e seicento; in questi anni infatti assistiamo ad una vera e propria epidemia di licantropismo al quale vengono attribuite tutte le caratteristiche ed i sintomi utili all’identificazione ed allo sterminio di tale razza satanica. Diviene licantropo chi nasce in occasione di festività cristiane importanti (perché il suo venire in un tempo sacro è vista una profanazione), ma anche dormire a volto scoperto sotto la luna non lascia scampo alla trasformazione. Più spesso si diventa Lupi Mannari per intercessione diretta del Diavolo, che così da origine ad un manipolo di schiavi per il Sabba scegliendoli, ovviamente, tra persone dalla condotta esecrabile. E poi ancora la persona suscettibile di trasformazione era riconoscibile da alcune peculiarità: corpo eccezionalmente peloso, occhi iniettati di sangue, dentatura ferina e comportamento irascibile. E potremo continuare per molto con miti e leggende create dall’ignoranza popolare e dall’astuzia del braccio inquisitorio.

Dopo secoli e secoli di ininterrotta persecuzione il lupo oggi sopravvive a stento in poche aree protette, costantemente monitorate contro la stupidità e nefandezza dell’animo umano. Un lupo che negli ultimi anni pare incrementare a fatica il proprio numero di esemplari, quasi volendo dimostrare che, nonostante le crudeltà e l’immagine temibile attribuitagli, lui ancora c’è. Pronto a riassumere il ruolo che gli spetta: compagno, guida, amico e coraggioso aiutante.

Nelle foreste torneranno gli occhi brillanti dei lupi ed i loro ululati accoglieranno pleniluni più luminosi che mai… pronti, ancora una volta, a guidarci in un modo nel quale continuiamo a comportarci come ospiti disinteressati piuttosto che come figli devoti.



Bibliografia

* Tacito P.C. [Germania]
* Chiesa Isnardi G. [Storie e leggende del Nord]
* Scorazzi M. [Scritti di storia del diritto germanico]
* Sighinolfi C. [I guerrieri lupo nell’Europa arcaica]
* Pilo G. Fusco S. [Storie di lupi mannari]
* Chevallier – Ghurbrant [Dizionario dei simboli]
* Burcardo di Worms [Decretali]
* Kprappe S.H. [La genès des mythes]
* Olaus Magnus [Ristora de gentibus sptentrionalibus]
* Gudmund [saga di Odd la freccia]
* Ovidio [Metamorfosi]
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MessaggioTitolo: Il Lupo e il Cane:   Il simbolismo degli animali EmptyMer Gen 21, 2009 2:35 pm

IL CANE:

I Celti dell' Europa continentale possedevano un levriero probabilmente discendente da quelli immortalati nei dipinti egiziani e che possiamo rivedere oggi nelle vesti del magnifico Irish Wolfhound, un cane la cui origine è antichissima. Arriva a superare più di 90 cm al garrese figurando così tra i giganti delle razze canine, ma lo caratterizza un'indole mansueta, diventando feroce solo se attaccato, ed in effetti nello stemma degli antichi re d'Irlanda e sulle loro armature erano rappresentati due Irish accompagnati dalla frase: "Gentle when stocked, fierce when provoked" (gentile se accarezzato, feroce se provocato), parole che ben descrivono il suo carattere dolce, fedele, ma anche fiero e potente. E' portato a conoscere e socializzare con gli altri cani senza cercare di primeggiare ma facendosi comunque trattare col dovuto rispetto, e si affeziona in particolare con i cani piccoli con i quali stringe anche singolari patti di solidarieta'.

Come si diceva, si tratta di una razza molto antica, risalente forse al primo secolo A.C. o anteriore: gli studiosi sono divisi fra quelli che sostengono la sua discendenza dal Deerhound e altri che lo ritengono il progenitore. E' molto più probabile, invece, che derivi dal medesimo ceppo che ha dato vita anche al Levriere scozzese e che soltanto le condizioni ambientali abbiano determinato le differenze di mole e di struttura che dividono il Wolfhound dal Deerhound. Il nome stesso della razza dice che si tratta di un cane utilizzato in origine e sino alla fine del XVII secolo soprattutto per la caccia al lupo (in particolare quelli che infestavano le foreste europee), esperienza dalla quale ha conservato coraggio e ardimento notevole.

Spesso troviamo traccia della loro presenza durante i combattimenti anche nelle antiche saghe scozzesi, oltre che nella mitologia celtica, ma il primo riferimento scritto in cui è citato l'Irish Wolfhound é di un console romano nel 391 d.C., Quintino Aurelio Simmaco, di cui parleremo più avanti.

Questi cani vengono inoltre nominati dagli Uisneach (I sec.) che parlano di 150 cani in fuga con loro verso la Scozia.


Simbolismo e valore per i celti e nella storia

Cú Faoil era il leggendario levriero utilizzato nella caccia ai grandi ungulati le cui gesta ci sono state tramandate sino ad oggi.

Nella mitologia e nella cultura celtica la figura del cane ha sempre ricoperto un ruolo di rilievo.("... tanto che nel citare i beni di un re non veniva mai a mancare un cane" Taraglio, Il vischio e la Quercia, 2001), ed era associato spesso al mondo dei guerrieri: paragonare un eroe ad un cane significava celebrarlo e rendergli omaggio.

L'antico Irish accompagnava questo popolo sia nella caccia che nella guerra, ovvero nelle attività che per loro erano assolutamente sacre e per le quali si doveva aver superato un apprendistato di tipo iniziatico.

Oltre che alla guerra, la figura del cane veniva associato anche alla salute, in quanto i Celti ritenevano la sua saliva essere curativa per alcune malattie ed il loro Dio della Guarigione Nodens aveva come aspetto zoomorfico proprio quello di un cane.

Inoltre, i cani erano simbolicamente rilevanti anche nell'ambito della morte: infatti il Dio del mondo sotterraneo era accompagnato da cani bianchi con le orecchie rosse (il Dio gallese dell'oltretomba Arawan ha una muta di tali cani, cfr. Mabinogi, i Cwn Annwn, o Cani di Annwn), mentre nella mitologia irlandese il cane Dormarth sta di guardia al regno dei morti (un pò come il cerbero dei miti classici). In effetti, i racconti mitologici Irlandesi sono ricchi di riferimenti a cani da caccia dalle abilità straordinarie, come il Cucciolo di Ioruaidhe citato nel Lebor Na hUidre. Vi sono infiniti racconti nella cultura celtica in merito a cani fantastici o incantati a volte beneauguranti, a volte no; possiamo citare ancora due esempi: Sucellos, il "Buon Colpitore", divinità gallica assimilabile al Dagda gaelico che viene a volte ritratto in compagnia di un cane di grandi dimensioni, e il famoso Cuchulain.

E' l'eroe più valoroso della stirpe celtica, condottiero dell'Ulster, le cui origini sono divine in quanto suo padre è Lugh, ed il suo nome significa "cane di Cullan". Cullan aveva un cane ferocissimo a protezione della sua casa. Cuchulain venne aggredito da questo cane e lo uccise. Per sdebitarsi si fece dare da Cullan un cucciolo del cane ucciso e lo addestrò a proteggere il padrone. Si offrì inoltre di difendere personalmente la casa di Cullan. La sua generosità venne riconosciuta da tutti e il suo soprannome divenne appunto Cuchulain.

Sappiamo che i primi cani domestici adottati nei primordi dalle popolazioni celtiche erano strettamente imparentati con i Greyhound asiatici, una razza di levrieri; fu però in Britannia che si sviluppò la tipica razza canina che divenne propria delle popolazioni celtiche, e che dall'isola venne esportata in tutta l'Europa.

In Britannia si sviluppò anche il Deerhound (“cane per cervi”), che differiva per il pelo più folto e setoso, e successivamente, a seguito di incroci con molossoidi importati dai Fenici, dal Deerhound si produsse un nuovo ramo, quello del Wolfhound: molto simile al Deerhound, ma di corporatura più leggera.

Il " Pugnax Britanniae", come lo chiamarono i Romani per la sua ferocia, venne esportato nel continente già alcuni secoli prima della conquista romana, come testimoniato dalla Fibula di Braganza, reperto ritrovato in Spagna e datato tra il 250 e il 200 a.C. Su questo ornamento è raffigurato un Celta in assetto di guerra, con scudo ed elmo, in compagnia di un cane dai tratti inconfondibili del Wolfhound.

La più antica testimonianza scritta in merito a questi cani si ha con la lettera scritta dal console Quinto Aurelio Simmaco, nel 391 d.C., al fratello Flaviano, all'epoca in Britannia, dove lo ringrazia per il graditissimo dono di sei o sette cani Irish impiegati poi nei giochi circensi tra lo stupore e la meraviglia di tutti.

Nonostante anche i Romani avessero selezionato un cane da guardia e da combattimento, chiamato "Canis Pugnax"( ancor prima conosciuto dagli Spartani col nome di "Molosso Lacone"), la sua tipologia si differenziava notevolmente dal "Pugnax Britanniae".

Infatti, potremmo dire che i Celti adoperavano un levriero ricercando soprattutto la velocità finalizzata all'impatto (un Wolfhound lanciato è in grado di atterrare un cervo adulto), proprio come tatticamente facevano i loro guerrieri; mentre i Romani adoperavano un molossoide di corporatura maggiormente robusta e con una tenacia incrollabile (probabilmente originato dal mastino o dal Cane Corso).

Nei secoli successivi, diversi fattori misero in pericolo la sopravvivenza della specie, il più importante dei quali fu la progressiva scomparsa dei lupi, la preda principale del Wolfhound, prima dalla Britannia e poi dall'Irlanda.


L’Irish Wolfhoud in tempi recenti

Quando intorno al 1600 il lupo si estinse sull'isola britannica, i cani utilizzati per la sua caccia cessarono di essere indispensabili e si passo' a produrne di meno impegnativi, abbandonando l'allevamento di un cane che fu sempre un'autentica rarita'. Non solo: a incidere fu anche l’esportazione continua: ad esempio coppie di Irish Wolfhound furono dati in regalo alle case reali europee e scandinave dal medioevo fino al XVII sec.

Gli Irish furono inviati in Inghilterra, Spagna, Francia, Svezia, Danimarca, India e Polonia. Nel XV sec. fu addirittura richiesto ad ogni contea di avere 24 "cani da lupo" per proteggere le greggi dei contadini dai loro attacchi.

La proibizione di Cromwell (1652) di esportarli aiutò a preservare il loro numero solo per un certo periodo, poi si arrivò comunque alla soglia dell’estinzione della razza alla fine del XVII sec.

Il ritorno all'interesse verso la razza ha accompagnato la crescita del nazionalismo irlandese nel tardo XIX sec. in quanto questa razza incarnò simbolicamente la cultura irlandese ed il passato celtico.

Il salvataggio del gigante d'Irlanda, e la sua storia moderna, fu ad opera di alcuni gentiluomini benestanti tra cui spicca soprattutto la figura del Capitano Graham (1833-1909), gallese spesso indicato come il vero salvatore della razza.

Per ricostruirla gli allevatori si avvalsero dei pochi soggetti ancora reperibili nelle campagne incrociandoli con Alani, levrieri russi ed anche con il Grande Cane del Tibet.

Fu il Capitano Graham a stilare il primo standard insieme al colonnello Garnier e quando nel 1884 fu iscritto nel libro genealogico inglese il primo Wolfhound lo standard era talmente preciso da restare invariato per circa un secolo.

Attualmente l’Irish Wolfhound ha riconquistato quasi interamente la fama che conobbe nel medioevo ed è allevato in numero considerevole anche al di fuori dell'Irlanda.

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